George Jones: «Stanno rubando la nostra identità»
Intervistato dalla Associated Press a inizio settimana, George Jones ha espresso giudizi poco lusinghieri circa i più o meno recenti cambiamenti avvenuti nel mondo della musica country e alcuni degli artisti che si sono affacciati negli ultimi anni sul mercato discografico. La sua rabbia più grande è quella di sentirsi defraudato del suo ruolo di cantante country. Riferendosi ad alcune delle maggiori star di oggi, incluse (direttamente citate) Carrie Underwood e Taylor Swift (foto sotto), la leggenda country ha detto che «hanno rubato la nostra identità». E, ha proseguito, «c’è bisogno che ce la restituiscano e che migrino ad altri generi musicali». Sul perché gli “ultimi arrivati” abbiano fatto una cosa del genere ha la sua teoria: «Dovevano usare qualcosa che fosse già esistente e avesse credibilità, e questo qualcosa è stato la country music tradizionale. Così quello che c’è bisogno che queste persone facciano davvero, io penso, è trovare un loro proprio titolo per ciò che fanno, perché assolutamente ciò che fanno NON è country music». Jones, che recentemente si è anche pronunciato contro l’attuale rete delle radio country americane, dice che per fortuna intravede speranza in qualcuno degli artisti oggi ancora in cime alle classifiche. «E’ bello sapere che facciamo ancora country music tradizionale. Alan Jackson ancora lo fa, così pure George Strait. Ce l’abbiamo ancora, e alcuni di noi sperano che essa faccia il suo ritorno in grande stile, uno di questi giorni».
I moderni cantanti country non sono gli unici contro i quali “The Possum” (così viene chiamato Jones nell’ambiente) si è scagliato. Alla domanda se si avventurerebbe mai in qualche altro genere musicale, come l’heavy metal o il rap, ha risposto in maniera lapidaria. «Il rap? È roba squallida… Come si può chiamare quella roba musica? Ora, anche io amo la musica, amo tutti i generi di musica. Davvero. Per esempio, ho tutti i dischi di Brooke Benton: adoro il modo che aveva di cantare. Amo Ray Charles. Ho una mente aperta. Ma per favore, non potete definire il rap, una roba che neanche si canta ma si parla, come musica. No, no, no dovete trovare un altro nome per quello…».
Il 78enne membro della Country Music Hall of Fame, la cui carriera si snoda ormai attraverso sei decenni, ha ancora un obiettivo preciso per il suo futuro, e non si tratta del ritiro: «L’unica cosa che mi piacerebbe continuare a realizzare è la musica per i miei fan, concretizzare obiettivi allo scopo di renderli felici con quello che inciderò in futuro. Il resto l’ho quasi pressoché tutto realizzato. Il buon dio è stato generoso con me … Il resto della mia vita cercherò di godermelo».
L’ultima fatica discografica di George Jones è stata “A Collection of My Best Recollection”, una raccolta dei suoi più grandi successi disponibile esclusivamente tramite la rete di vendita della catena americana Cracker Barrel (e quindi impossibile da procurarsi per chi abita al di fuori dei confini americani, come dicevo già parlando di Alan Jackson - vedi).
Se volete esprimere la vostra opinione a riguardo di quale direzione stia prendendo la country music moderna sarò ben felice di darvi spazio, e certo si tratta di un argomento che riprenderò con molto piacere in futuro.
Keep it country!
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