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Reba McEntire, Kellie Pickler, Loretta Lynn, Lee Ann Womack, Martina McBride e Gretchen Wilson (Foto: Frederick Breedon – Getty Images)
Quella di martedì scorso al Ryman Auditorium di Nashville è stata una serata a cui tutti gli appassionati della musica country avrebbero voluto prendere parte. La Recording Academy – la società che si occupa dell’assegnazione dei premi Grammy – ha voluto rendere un giusto (anche se da molti ritenuto troppo breve: 45 minuti) tributo musicale alla grande Loretta Lynn, eccezionale icona, grande professionista, signora di stile e pionieristica anche in tema di femminismo, quando certe posizioni erano davvero scomode da assumere nella società. Il tributo – denominato Salute to Country Music – ha visto la partecipazione di tante star country (Garth Brooks, Martina McBride, Kid Rock, Gretchen Wilson e Lee Ann Womack) ed è stato presentato da Reba McEntire, presentatasi sul palco in un completo nero da cocktail. «Il mondo intero conosce e ama la figlia di un minatore che è venuta da Butcher Holler, nel Kentucky» ha detto Reba mentre guadagnava il centro del palco per la presentazione, immediatamente prima di omaggiare la platea con una sua elettrizzante versione del successo datato 1967 della signora Lynn “If You’re Not Gone Too Long”. «Io l’ho amata dalla prima volta che l’ho sentita cantare in radio». Solo Vince Gill finora era stato reso protagonista di una serata simile, l’anno scorso; proprio Gill, impossibilitato ad essere presente in questa occasione, ha mandato un video-saluto: «Non conosco nessun’altro che sia più importante nella storia di questa città né di questa musica». Di nuovo Reba: «Loretta Lynn affrontò qualsiasi argomento controverso che nessun altro aveva potuto affrontare, nella musica country. Per lei, nessun tema era tabù». Ad esempio di questa sua attitudine ad osare, ha citato una registrazione della signora Lynn del 1975 dal titolo “The Pill” (la pillola), un’ode alla liberalizzazione del controllo delle nascite: benché la maggior parte delle radio rifiutarono di programmare questa canzone, questa scalò comunque le classifiche arrivando al quinto posto. A seguire Gretchen Wilson ha cantato “Don’t Come Home A’ Drinkin’ (With Lovin’ On Your Mind)”, una paternale al marito troppo dedito all’alcool, scritta e registrata da Loretta Lynn nel 1966 e diventata la sua prima numero uno l’anno successivo.
Dopo Wilson è salito sul palco Kid Rock (nella foto qui a sinistra con la signora Lynn – Foto Rick Diamond/WireImage), che con una specie di tamburello legato alla sua coscia è entrato sul palco ancheggiando e sbattendolo mentre intonava la rassicurante “I Know How”, datata 1970. Poi ancora, in duetto con Wilson, la poco conosciuta “You’re The Reason Our Kids Are Ugly” (un brano tra quelli di minore successo che Loretta Lynn cantò in coppia con Conway Twitty nel 1978). Reba ha poi chiamato sul palco Lee Ann Womack per cantare con lei “The Song That Started It All – I’m A Honky-Tonk Girl” (il primo disco di Loretta Lynn entrato in classifica, nel 1960) per poi introdurre Martina McBride (che pure in fatto di argomenti scottanti nelle sue canzoni sa il fatto suo, vedi gli abusi e l’omicidio di cui parla in “Independence Day”…) la quale ha reso due belle versioni di “You Ain’t Woman Enough” (1966) e “Love Is The Foundation” (1973). Due “dichiarazioni” niente male!
Neil Portnow, presidente ed amministratore delegato dell’Academy, ha ricordato che questa celebrazione della signora Lynn è avvenuta a soli 3 giorni di distanza dalla sua primissima apparizione sul palco del Ryman Auditorium e l’ha indicata come la prima vera “antesignana degli avvocati delle donne”. Dopodiché ha presentato l’otto volte vincitore di un premio Grammy Jack White dei White Stripes. Fu proprio White a produrre l’album della signora Lynn “Van Lear Rose” nel 2004. White ha ricordato che insieme al membro della sua band (nonché ex moglie) Meg White, quell’anno, stavano ritornando a casa in auto dopo una sessione di registrazione a Memphis e d’impulso decisero di fermarsi ad Hurricane Mills (in Tennessee) presso il ranch di Loretta. «Senza neanche che ce ne accorgessimo, Loretta stava preparando a me e a Meg pollo e gnocchi di pasta bolliti. Ed un attimo dopo ricordo che eravamo nella camara da letto di Loretta passando in rassegna canzoni che lei aveva scritto ma mai inciso. Nacque così l’idea di “Van Lear Rose”». Che – è bene ricordarlo – quell’anno vinse un Grammy come miglior disco country (e il duetto Lynn-White “Portland, Oregon” si portò a casa anche il Grammy per la categoria migliore collaborazione vocale country!). «Credo che Loretta sia la più grande cantante ed autrice del 20esimo secolo!».
Ed eccola entrare a questo punto, l’immensa signora Loretta Lynn, vestita di un lungo abito bianco leggermente diafano a manica lunga, che ha accettato da Portnow i due premi a lei dedicati : il trofeo Salute to Country Music e il premio The Lifetime Achievement. «Non so cosa dire, tranne Grazie!» ha detto, dirigendosi subito verso le quinte (nella foto a sinistra il momento della consegna; insieme a lei, da sinistra, Jack White, Neil Portnow e Garth Brooks – Foto: Rick Diamond/WireImage). Ma Jack White l’ha dolcemente e velocemente afferrata riportandola al centro del palco per permetterle di prendersi il lungo e commosso applauso del Ryman e permettere ai suoi fan (inclusa la sorella Crystal Gayle, emozionata più di lei) di averla vicina. La signora Lynn è rimasta poi sul palco mentre Garth Brooks, di nero vestito e recando una chitarra acustica, è uscito dal retro palco per cantare con lei “After The Fire Is Gone” (foto più sopra – Rick Diamond/WireImage). Non c’era differenza tra la sua voce in quel momento e quella che nel 1971 incise questa canzone per la prima volta con Conway Twitty (e fu un altro Grammy per la miglior interpretazione vocale…). Mentre il pubblico si alzava tutto in piedi e salutava, Garth si è tolto il cappello da cowboy, l’ha abbracciata e l’ha accompagnata via dal palco. Ancora applaudiva quando Reba è tornata fuori e ha annunciato la fine del tributo musicale: «Con un’industria discografica in così repentini e a volte traumatici cambiamenti» ha chiosato «è oggi più importante che mai celebrare la musica country – la vera musica country!». Sottoscrivo e mi tolgo idealmente anche io il cappello.