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Willie Nelson rivela i dettagli del suo nuovo album in uscita a maggio

Posted by CountryStateLine on 19th marzo 2012 in Home (News)

Il primo album di Willie Nelson per la Sony Music Legacy, dal titolo “Heroes” (eroi), sarà pubblicato il prossimo 15 maggio. L’album è una raccolta di cover in chiave pop-country degli anni ’30 e ’40 ma anche di brani re-inventati e scritti per l’occasione da Willie con ospiti artisti di tutto rispetto quali Merle haggard, Snoop Dogg, Kris Kristofferson, Billy Joe Shaver, Sheryl Crow, Jamey Johnson, nonché i figli di Willie Lukas e Micah.
Prodotto da Buddy Cannon, “Heroes” è stato per lo più registrato da Steve Chadie al Pedernales Recording Studio di Austin, Texas. Tre tracce – “Hero”, “Roll Me Up and Smoke Me When I Die” e “Come On Back Jesus” sono state invece registrate da Butch Carr al Cannon Production and Sound Emporium Recording Studios a Nashville.
“Heroes” segna il primo album di uno storico accordo discografico tra Nelson e la Legacy Recordings, il catalogo che rappresenta una divisione della Sony Music Entertainment. L’accordo è un ritorno a casa per Nelson, il quale tra il 1975 ed il 1993 incise una serie di singoli e di album di grande successo per la Columbia Record, ad iniziare dalla sua “hit” dal titolo “Red Headed Stranger” datata 1975.
«Sono davvero contento di essere tornato a casa con la Sony Music. Siamo stati partner per tanti anni; a ritroso fino ad arrivare alla Pamper Music e alla Tree Music. Condividiamo una grande storia e non vedo l’ora di fare tante altre grandi cose assieme negli anni a venire» ha detto Willie presentando il progetto.
A supportare Nelson e la sua chitarra Trigger, uno stuolo di musicisti che formano la “Roll Me Up Band”: Kevin “Swine” Grantt al basso, Bobby Terry alla chitarra elettrica e acustica, Jim “Moose” Brown al piano, Wurlitzer e organo B-3, Mike Johnson alla steel guitar, Tony Creasman alla batteria, Mickey Raphael all’armonica, Lucas Nelson alla chitarra elettrica. Ma la lista non finisce qui: sul disco hanno suonato anche Paul Shaffer all’organo B-3 (quello che vedete sempre al David Letterman…), Butch Carr al sintetizzatore, Steve Brewster alle percussioni e lo stesso produttore Buddy Cannon al basso e alla chitarra acustica. Melonie Cannon, Buddy Cannon, Lance Miller e Kris Kristofferson contribuiscono alle voci.

Ecco la lista dei brani:

  1. “A Horse Called Music” con Merle Haggard & Lukas Nelson
  2. “Roll Me Up And Smoke Me When I Die” con Snoop Dogg. Kris Kristofferson e Jamey Johnson
  3. “That’s All There Is To This Song”
  4. “No Place To Fly” with Lukas Nelson
  5. “Every Time He Drinks He Thinks Of Her” con Lukas Nelson
  6. “Come On Up To The House” con Lukas Nelson e Sheryl Crow
  7. “Hero” con Billy Jo Shaver e Jamey Johnson
  8. “My Window Faces The South” con Lukas Nelson
  9. “The Sound Of Your Memory” con Lukas Nelson
  10. “Could War With You” con Lukas Nelson e Ray Price
  11. “Just Breathe” con Lukas Nelson
  12. “My Home In San Antone” con Lukas Nelson
  13. “Come On Back Jesus” con Lukas e Micah Nelson
  14. “The Scientist”

 

 

A Nashville apre il museo di Johnny Cash: più di 1000 mq in pieno centro

Posted by CountryStateLine on 17th marzo 2012 in Home (News)

I fan della musica country in viaggio negli Stati Uniti avranno da questa estate una ragione in più per fare tappa a Nashville. In una conferenza stampa tenutasi a Music City a fine febbraio, infatti, amici e familiari di Johnny Cash hanno annunciato i dettagli dell’apertura del nuovo museo dedicato proprio a lui. A quanto riportato da The Tennessean, il “Johnny Cash Museum” aprirà proprio in centro città tra poche settimane, anche se la data esatta ancora non è stata decisa. Ricavato da un ex negozio di tappezzerie dall’amico di una vita di Johnny, Bill Miller, che ci ha investito un totale di sette milioni di dollari, il museo sarà  dedicato alla vita e alla musica dell’uomo in nero, the man in black, come Cash è universalmente conosciuto.
«Mio padre e mia madre hanno vissuto in onestà e verità di spirito» ha detto in conferenza stampa John Cash, figlio di Johnny e June Carter Cash «[questo museo] Non riguarda il glamour o la necessità di essere presenti a Nashville. Aprire questo museo ha più a che fare con il diffondere il loro spirito. Mio padre ha attratto e attrae tanto l’americano medio che possiede una piccola collezione di cd quanto il punk per le vie della Germania. Ed è una sorta di magia questo modo in cui egli è sempre stato in grado di fare ciò, la sua immagine ispira persone che vengono dalle esperienze di vita più disparate.»
«Questo è qualcosa che abbiamo voluto fare per Johnny, qualcosa che Johnny merita, qualcosa che a Johnny farebbe davvero molto molto piacere» ha detto Bill Miller (a sinistra in una foto che lo ritrae con Johnny Cash) , uno dei suoi più intimi amici nonché proprietario della più grande collezione di suoi oggetti «Questo museo sarà una passeggiata in tre dimensioni nella vita di Johnny Cash, con momenti interattivi visivi, sonori e con oggetti appartenutigli. E’ stato sempre un mio sogno, da quando lui non c’è più, di mettere in mostra la vita e la carriera di Johnny Cash organizzandole in una memorabile esposizione per permettere anche a tutti i suoi fan di goderne.»
I più di 1000 metri quadrati di esposizione che apriranno su Lower Broadway, proprio a un isolato di distanza dal Country Music Hall of Fame and Museum, in pieno centro, custodiranno memorabilia, mostre multimediali e un teatro di 250 posti e a dire dei progettisti sarà “la più grande, omnicomprensiva ed importante collezione di oggetti appartenuti a Cash e memorabilia proveniente da ogni parte del mondo”. Oggetti destinati al museo saranno donati dalla famiglia Cash, dalla collezione di Bill Miller e da un pre-esistente museo su Johnny Cash di Hendersonville (Tennessee), il cui nome era “The House of Cash”, che ha chiuso i battenti nel 1999. Ovviamente tanti fan donatori si sono già fatti avanti per cedere al nuovo museo i loro oggetti. La Rock and Roll Hall of Fame si è anche offerta di prestare al museo la leggendaria chitarra Gibson appartenuta a Cash. Saranno esposti documenti storici mai visti prima, lettere, premi vinti in carriera, costumi e tutti gli altri strumenti che il grande Johnny ha utilizzato nel corso della sua straordinaria carriera, in un percorso tridimensionale che attraverserà tutta la sua vita. Sarà ricostruita all’interno del museo anche una esatta replica di una sezione della casa in cui Johnny visse da adolescente e tra i pezzi rari esposti ci sarà anche un manoscritto autografo con l’ultima canzone che Cash scrisse, proprio pochi giorni prima di morire.
I visitatori potranno conoscere meglio anche la parte della esistenza di Johnny Cash non strettamente legata al suo status di star, alla sua vita quando non era sul palco inclusa la sua infanzia e la sua adolescenza, nonché al periodo in cui prestò servizio militare nell’Aeronautica Americana.
Senza considerare il progetto di preservazione della vecchia casa dei Cash a Dyess (Arkansas), dove Johnny visse gli anni della sua infanzia e giovinezza negli anni ’30 e ’40. Un progetto fortemente voluto dalla Arkansas State University e finanziato anche con una raccolta fondi iniziata la scorsa estate, tendente a conservare non solo quell’edificio ma tutta una serie di costruzioni adiacenti allo scopo di mantenere integro lo spirito del New Deal americano, la realtà della Grande Depressione e della vita della famiglia Cash. Il restauro è stato basato su foto e ricordi di parenti e amici e gli interni saranno arredati e decorati come quando la famiglia Cash viveva lì ottanta anni fa. Rosanne Cash (foto sopra) ha detto una cosa molto bella e importante: «E’ sorprendente: ci rendiamo conto che i fili che ci legano ai nostri antenati sono fondamentali sempre solo quando i nostri genitori muoiono. Per una sorta di strano paradosso, finché essi sono in vita non lo senti e non te ne rendi conto, quindi c’è questa forte emozione e questo bisogno di comprendere, proteggere e preservare per le generazioni che verranno e di immaginarmici al suo interno. Per me è importantissimo.»
«[Bill Miller] è stato un fan incredibile di mio padre» ha anche detto Rosanne Cash nel corso di una intervista alla AP «nonché uno dei più grandi collezionisti di oggetti a lui legati. Se esiste qualcuno che era in grado di mettere su un museo, questo era Bill. Quindi ho molta fiducia in lui e penso che sia una gran cosa a questo punto. Penso che realizzerà qualcosa con dignità e classe che storicamente è importante, non la solita cosa kitsch. Sono molto interessata a vedere cosa verrà fuori.»
La musica ovviamente non potrebbe star fuori da questo progetto. Da quando Johnny Cash è morto – come avviene per ogni stella del mondo discografico che scompare – numerose sono state le opere pubblicate postume, non ultima la serie della American Recordings prodotta da Rick Rubin e tutta una serie di bootleg. Ora è stata annunciata anche l’uscita, il prossimo 3 aprile, del cofanetto doppio “Bootleg IV: The Soul of Truth” per la Sony Legacy che conterrà una serie di registrazioni soprattutto ispirate al gospel e ai temi spirituali effettuate tra gli anni ’70 e gli anni ’80 e che conterrà sia materiale già editato che brani inediti. La stessa casa discografica già annuncia altre pubblicazioni nei prossimi mesi ma non ha rivelato maggiori dettagli in merito.

Comunque sia i tantissimi fan di Johnny Cash (nella foto AP ritratto nel 1999) sono desiderosi di ascoltare anche queste nuove pubblicazioni e di imparare sempre qualcosa di nuovo su di lui. The Man in Black, che venne a mancare in seguito a complicanze legate al suo diabete il 12 settembre 2003, lo scorso 26 febbraio avrebbe compiuto 80 anni. L’anno giusto per celebrarlo con un museo e nuovi cd in suo onore.
M.A.

 

Paul Bogart, cantante country e rodeo-man, da domani mini-tour in Italia

Posted by CountryStateLine on 16th marzo 2012 in Home (News)

Siamo alla vigilia dell’inizio del piccolo tour italiano di Paul Bogart, interessante cantante country in arrivo nel nostro paese per alcune session acustiche tra Lombardia, Emilia e Veneto che vi consiglio davvero di non perdere se siete in zona. Si comincia domani al B&B Saloon di Dorno, in provincia di Pavia. Venerdì 23 marzo sarà al Trailer Saloon di Ciano d’Enza (Reggio Emilia) per chiudere la piccola tournée sabato 24 marzo all’Horseman Ranch Saloon di Ponte di Castegnero (Vicenza), dove segnalo che ad aprire per lui sarà il mio amico Giorgio Bettocchi.
Nato e cresciuto a Oologah, Oklahoma, ma da sempre affascinato dal sound del Texas (quello alla George Strait tanto per intenderci), Paul Bogart appartiene alla schiera del cantautorato country che affonda le sue origini nello spirito e nelle tradizioni dei cowboy, della vita all’aria aperta, dell’allevamento del bestiame e dei rodei. Ha iniziato frequentando proprio questi ultimi e benchè ora viva stabilmente a Nashville la sua provenienza ed appartenenza alla provincia rimane ben radicata in lui, tant’è che non ha completamente abbandonato i circuiti di competizione e non è mai entrato nel “grande giro” discografico, pur avendo le qualità che necessiterebbero per farlo. Scrive (o co-scrive) tutte le canzoni che pubblica, i suoi dischi (tre finora) sono stati tutti autoprodotti e gli show dal vivo che preferisce sono quelli che tiene nei saloon, nei barn-dance e nei locali dove riesce a stabilire un contatto diretto con il suo pubblico. Quando era al college, con la musica country già nel sangue, suonava dovunque gli si consentisse di farlo: feste scolastiche, raccolte fondi e sagre di paese, arrivando ad esibirsi anche nell’area di Tulsa e Oklahoma City, dove il suo nome cominciò a diventare piuttosto popolare. Un giorno, durante l’ultimo anno alla Roger State University di Claremore, Paul ottenne di esibirsi presso una scuola locale in occasione di una raccolta di beneficienza e a questo scopo iniziò a tappezzare tutta la cittadina con dei manifestini fatti in casa che annunciavano la sua esibizione. Qualche giorno dopo, mentre era a casa dei suoi, squillò il telefono. Fu lui a rispondere. «Sollevai la cornetta» racconta ricordando con incredulità «e questo tizio dall’altro capo del filo dice “Salve, il mio nome è Floyd e lavoro per Garth Brooks. Garth ha visto un tuo volantino e vuole incontrarti”. Io pensai che fosse assolutamente uno scherzo, così accampai scuse dicendo che dovevo controllare prima la mia agenda. Una settimana dopo questo tizio chiamò di nuovo e di nuovo mi chiese se ora avessi tempo di incontrare Garth. A quel punto risposi: “Signore ma sta dicendo sul serio ?” e quel Floyd mi confermò tutto dicendo che Garth era riuscito ad entrare in possesso del mio album demo inciso quando ero al college e voleva parlare con me di musica». Quale migliore incoraggiamento di questo? Seguì il consiglio di Garth a trasferirsi a Nashville. «Mi ricordo» dice ancora Paul «che Garth mi disse: “Tu sei un team roper [chi durante un rodeo cattura un vitello al lazo inseguendolo a cavallo, ndr] di successo perché sei dell’Oklahoma, ma se vuoi essere un musicista di successo devi trasferirti a Nashville.”»
Bogart prese la sua decisione e, l’estate successiva alla laurea presso la Roger State University, a Music City ci andò davvero. Ma non sfruttò la sua conoscenza con una delle leggende viventi della country music moderna; decise invece di cominciare da zero, lavorando duro con determinazione ed integrità. Proprio come un vero cowboy sa fare. Suonò e scrisse con chiunque gli capitasse a tiro, conoscendo tutti i migliori autori di Nashville tra cui Jim Beavers (“Sideways” di Dierks Bentley), Billy Montana (“Bring On The Rain” di Jo Dee Messina), Tom Douglas (“I Run To You” di Lady Antebellum) e semplicemente apprezzando l’opportunità solo di essere nella stessa stanza con questi autori, suonando con loro e imparando da loro.
Oggi tutti in giro lo conoscono. La sua musica è un marchio distintivo, contagiosa e dalla melodia accattivante. «Mio padre mi ha sempre insegnato» dice «che se ci sai fare la gente prima o poi se ne accorge, senza mai aver bisogno di fare lo spaccone». Col cuore di un cowboy e lo spirito di un gentuluomo, la sincerità e la verità che permeano le sue canzoni sono allo stesso tempo disarmanti ma danno la certezza che Paul sa quello che appassionatamente dice e mantiene la promesse che fa.
M.A.

Le tappe di Paul Bogart

  • Sabato 17 marzo 2012 – “B&B Saloon”, Via Vittorio Veneto 143, Dorno (PV), Info tel.0382812596
  • Venerdì 23 marzo 2012 – “Trailer Saloon”, Via per Vetto Loc. Cerezzola, Ciano d’Enza (RE), Info tel.3394554995
  • Sabato 24 marzo 2012 – “Horseman Ranch Saloon”, via Bagnolo 15, Ponte di Castegnero (VI), Info tel.3478501289

 

 

 

Guadagni in tournée: Taylor Swift guida la classifica con il suo “Speak Now World Tour”

Posted by CountryStateLine on 2nd marzo 2012 in Home (News)

Da qualsiasi parte la si osservi, alla fine sono sempre le cifre a parlare più chiaramente di qualsiasi altro dato. E stando a quanto riportato da StubHub (la più grande società di compravendità online di biglietti facente oggi capo a Ebay che opera da 12 anni sia sul mercato americano che su quello inglese), queste sono inequivocabili: la dominatrice incontrastata del 2011 e di questo scorcio iniziale di 2012 è Taylor Swift (nella foto durante i recenti Grammy Awards). L’anno scorso, infatti, il suo “Speak Now World Tour” (che fece tappa anche al Forum di Milano – vedi) ha venduto più biglietti di qualsiasi altro tour mondiale precedente, ivi inclusi quello di Kate Perry, Paul McCartney e dei New Kids on the Block. Nei soli Stati Uniti e Canada ha venduto biglietti per quasi 100 milioni di dollari. Agli U2 e Lady Gaga la medaglia d’argento e di bronzo. Il tour di Taylor si è piazzato inoltre al quarto posto della classifica dei tour mondiali più grandi dell’anno scorso. E il country non si può proprio lamentare poiché al terzo posto di questa classifica si è piazzato Kenny Chesney con il suo “Goin Coastal Tour” (che non ha mai varcato i confini americani) mentre Jason Aldean e Keith Urban si sono piazzati rispettivamente al 23esimo ed al 25esimo posto. Gli U2 al primo con ricavi di 156 milioni di dollari e 1,7 milioni di biglietti venduti in 25 show in nord America. Il guadagno complessivo è stato invece di 231,9 milioni di euro.
Parlando di Taylor Swift queste cifre in fondo non stupiscono più di tanto: consideriamo che la cantante nel 2011 ha girato ben 98 città nel mondo per promuovere il suo terzo disco e che qua e là lungo il tour cantanti sia country che pop (da Tim McGraw a Justin Bieber) sono saliti sul palco per unirsi a lei e rendere ancora più appetibili le sue esibizioni. In 80 città americane la cantante ha guadagnato 97,7 milioni di dollari. Il prezzo medio del biglietto di ingresso ai suoi spettacoli è stato di 71,54 dollari mentre quello degli U2 è stato di 91,67 dollari. Il più basso è stato mediamente il prezzo di un biglietto di un concerto di Jason Aldean: 34,63 dollari, di gran lunga il biglietto più economico tra i primi 25 cantanti country. Nel corso del suo “Speak Now Tour” si sono staccati 1,365 milioni di biglietti con un guadagno medio a spettacolo di 1,656 milioni di dollari. In 100 concerti la Swift ha realizzato un guadagnoo complessivo a livello mondiale di 104,2 milioni di dollari. Per chi si è perso la data italiana o semplicemente volesse rivivere le emozioni vissute ricordo che lo scorso novembre è uscito un “pacchetto” dvd+cd che racchiude i migliori momenti dello “Speak Now World Tour”, mentre lo stesso tour mondiale va gloriosamente a concludersi nel mese di marzo tra Australia e Nuova Zelanda (ultima tappa ad Auckland il 18) e Taylor si prepara ai lavori di ritocco sul suo nuovo album in uscita prevista quest’anno. Data e titoli ancora top secret, ma ne parleremo più avanti…

Seminario radiofonico per Faith Hill a Nashville. A marzo tour in Australia.

Posted by CountryStateLine on 1st marzo 2012 in Home (News)

“Mississippi Girl”, “The Way You Love Me”, “This Kiss”, “Breathe”. Sono alcuni dei grandi successi di Faith Hill che la 45enne cantante country ha ripreso durante il seminario delle radio country organizzato a Nashville dalla sua casa discografica, la Warner Brothers, lo scorso venerdì 24 febbraio dopo circa dieci anni in cui non saliva su di un palco in simili occasioni. Faith ha anche interpretato, “Six Hundred Years” e “American Heart”, un paio di brani tratti  dal suo imminente album, la data di uscita del quale è attesa a breve ed il cui titolo dovrebbe essere “Illusion”. L’esibizione di Hill (nella foto qui a destra un momento) è stata convincente durante l’intero set e la sua voce non è mai stata così in palla, come quando ha cantato “Stronger” (brano dal suo disco “Cry”) seguito da una bella versione della sua famosa “Piece Of My Heart” che nel 1993 fu uno dei suoi primissimi cavalli di battaglia.
Solo il tempo saprà dirci se Faith riuscirà a fare il suo ritorno nel circuito radiofonico, anche perché non è da sottovalutare il fatto che ella aveva già distribuito al circuito il primo singolo del suo prossimo disco, “Come Home”, il quale però non è andato oltre la 26esima posizione della classifica dei singoli country di Billboard. Ryan McCall, speaker della radio WGLR 97.7 di Platteville, Wisconsin, è tra le persone che erano presenti al seminario della Warner e che sono rimaste assolutamente ben impressionate da ciò che hanno sentito durante lo show di Hill. «Ho avuto netta la sensazione che questa fosse una esibizione da “o la va o la spacca” per la sua carriera» ha detto «e credo che l’occasione le abbia giovato.»
Il seminario si è svolto in concomitanza con l’annuale “New Faces Show”, che porta alla ribalta i più bravi talenti della musica country che si sono distinti ogni anno secondo i voti degli addetti ai lavori nella radio. Sono stati votati cinque artisti ma solo quattro – Eli Young Band, Hunter Hayes, Sunny Sweeney e David Nail – si sono esibiti in quanto Thompson Square sono stati costretti a cancellare la loro partecipazione a causa della improvvisa scomparsa del papà di Shawna (la metà femminile del duo country). Tra tutti e quattro la mia personale preferita, Sunny Sweeney, che aveva già entusiasmato l’anno scorso con il suo secondo disco “Concrete” e col primo singolo da esso estratto “From A Table Away” (entrato di prepotenza tra i primi dieci in classifica), ha incantato con l’inno alla donna lavoratrice “Everyone Else Can Kiss My Ass”, che sarà incluso nel suo terzo album (sul quale sta già lavorando) e che vi consiglio di gustarvi cliccando qui.
Auguro di cuore a Faith Hill di tornare alla popolarità di cui ha goduto negli anni ’90, quando vendeva milioni di dischi e arrivò anche come super ospite a Sanremo 2001 cantando “The Way You Love Me” nel momento del suo tentativo (malriuscito, per fortuna) di passare dal country al pop. Nel frattempo passerà tutto il mese di marzo in tournée in Australia.
M.A.
(si ringrazia Billboard)

 

Natalie Maines (Dixie Chicks): il country non è più cosa per me…

Posted by CountryStateLine on 29th febbraio 2012 in Home (News)

Girando per blog e forum che trattano l’argomento si capisce che le ultime esternazioni di Natalie Maines, componente del gruppo country alternativo delle Dixie Chicks, non sono piaciute granché. Non è certo un caso che l’ultimo disco del gruppo risalga al 2006 (“Taking The Long Way”): la Maines ha ultimamente fatto capire di voler mettere la massima distanza possibile tra lei e il mondo della musica country, sputando praticamente nel piatto in cui ha così abbondantemente mangiato per tanti anni. L’ultima uscita l’ha fatta “cinguettando” con i suoi sostenitori su twitter durante la diretta della serata dei premi Grammy, nella notte di domenica 12 febbraio. Mentre Jason Aldean cantava la sua “Don’t You Wanna Stay” con Kelly Clarkson, Maines ha infatti scritto che non aveva idea di chi fosse questo Aldean e che non lo aveva mai sentito prima. Al che un fan le ha risposto che semplicemente non poteva credere che ella avesse rimosso a tal punto la sua appartenenza a questo mondo. A quel fan Maines ha risposto «Davvero lo credi? Sono 6 anni che non mi interesso della musica country. Non è cosa per me». Quando un altro fan ha scritto di non poter credere che Natalie non sapesse chi fosse Jason Aldean, ella ha ribadito la sua affermazione precedente sul mondo del country scrivendo «sono davvero fuori da quel mondo». Il botta e risposta tra lei e i fan sul noto social network è andato avanti per un po’ coinvolgendone altri. Natalie ha ammesso di aver seguito il country mainstream per un certo periodo della sua carriera ma solo perché ci fu costretta e perché sentì una sorta di responsabilità nel farlo. Quella responsabilità, ha detto, ora non c’è più. «L’ho seguito perché faceva parte del mio lavoro conoscere l’ambiente musicale in cui mi muovevo. Non penso sia più necessario per me» ha risposto poi ad un alto fan.
Un’artista di cui Maines conosce però bene l’esistenza è Taylor Swift. E’ arrivata a farle anche i complimenti su twitter scrivendo «non ho mai visto nessuno fare apparire il banjo così bello dai tempi di Emily Robinson [un’altra componente delle Dixie Chick, ndr]. Bel lavoro Taylor Swift!» Un altro fan le ha giustamente ricordato che è stata proprio la musica country e renderla una star e a garantirle fama e fortuna. Natalie ha rassicurato lui e gli altri appassionati che essi sono sempre ancora tutti nel cuore delle Dixie Chicks.
D’altronde ricordo che non è la prima volta che Natalie Maines prima apre la bocca e le dà fiato (intendiamoci, nel pieno e sacrosanto diritto di ognuno di poter esprimere le proprie libere opinioni) salvo poi pentirsi e cercare di correggere il tiro delle sue esternazioni. La prima buccia di banana la calpestò nel 2003, all’epoca dell’invasione dell’Iraq da parte delle truppe americane sotto la presidenza di George W. Bush. Il 10 marzo, durante la tappa londinese del tour mondiale delle Dixie Chick Natalie disse: «Non vogliamo questa guerra , questa violenza, e ci vergogniamo che il presidente degli Stati Uniti sia nato in Texas [come le Dixie Chicks, ndr]». Il risultato più evidente – soprattutto a causa di una massiccia amplificazione mass mediatica che scoppiò negli Stati Uniti  a partire dal giorno successivo – fu quello di dividere sostanzialmente gli americani tra pro e contro. Benché la maggioranza della popolazione americana rimase fondamentalmente vicina al gruppo, l’uscita della Maines si ripercosse in un calo delle vendite, delle sponsorizzazioni e dei passaggi radiofonici (in quanto molte radio conservatrici iniziarono a boicottare la loro musica).
Né fu utile alla causa la diatriba che Natalie instaurò con Toby Keith sul di lui singolo “Courtesy of The Red, White and Blue” (inneggiante alla guerra e alla giusta rivalsa americana contro gli attacchi dell’11 settembre) definendo il collega un “ignorante”. Alla serata di premiazione degli Academy of Country Music Awards del 2003 (in cui il premio per intrattenitore dell’anno fu assegnato proprio a Keith) le Dixie Chicks erano tra il pubblico (nominate) e Natalie Maines indossava – come d’altronde aveva fatto anche durante alcune delle ultime tappe del tour – una maglietta con sopra scritto “FUTK” (foto Senator). L’ufficio stampa del gruppo dichiarò che quelle lettere stessero per “Friend United in Truth and Kindness” (amici uniti nella verità e nella gentilezza) ma era chiaro che il vero acronimo fosse “Fuck You Toby Keith” (fottiti Toby Keith).
Insomma, nonostante stiamo parlando di un gruppo che ha vinto 13 Grammy e venduto una trentina di milioni di dischi, le Dixie Chicks non hanno mai smesso di dividere e così è stato anche per la “cinguettata” di due settimane fa. Che devo dire ha generato moltissime critiche, la più pacata e carina delle quali recita “Stay out of Country may be the best place for her”, che si tradurrebbe con un “stare fuori dal Country potrebbe essere per lei il posto migliore”. Ma “country” potrebbe essere anche inteso come “paese”, quindi il gioco di parole è servito…

 

La genesi di “I Will Always Love You”. Dolly: quando la cantai a Porter lui pianse. Costner: Whitney era perfetta

Posted by CountryStateLine on 19th febbraio 2012 in Home (News)

A una settimana dalla prematura scomparsa a soli 48 anni di Whitney Houston voglio parlare della canzone che oggi la rappresenta di più e che l’ha resa immortale, quella “I Will Always Love You” cui Whitney ha regalato nuovo splendore ma che originariamente – come tutti ormai saprete – fu scritta dalla “nostra” amata Dolly Parton.
Intanto un po’ di numeri. Quando nel 1994 Whitney la riregistrò per la colonna sonora di “The Bodyguard”, il singolo “I Will Always Love You” vendette più di 4 milioni di copie, mentre la colonna sonora del film raggiunse i 17 milioni. Ma come nacque originariamente questa canzone? L’ispirazione venne a Dolly Parton nel 1974 col desiderio di comunicare a Porter Wagoner (con lei a sinistra, in una foto degli anni ’80) senza ferirlo la sua intenzione di interrompere la collaborazione all’interno dello show settimanale che con lui conduceva ormai dal 1967, “The Porter Wagoner Show” e grazie al quale aveva guadagnato notorietà a livello nazionale. Anche se ella era determinata a prendere altre strade, voleva trasmettere nella canzone un messaggio di sincera gratitudine. «Il testo dice che “solo per il fatto che me ne sto andando non vuol dire che non ti amerò. Ti stimo e spero che te la caverai alla grande e apprezzo ogni cosa che hai fatto, ma mi chiamo fuori”» ha spiegato Dolly in un’intervista «Questo è fondamentalmente quello che volevo dire. E la mattina seguente colsi al volo la prima occasione e gli dissi “Siediti, Porter. Ho scritto questa canzone, e voglio che tu l’ascolti.” E così gliela cantai. E lui cominciò a piangere. Mi disse: “Questa è la canzone più bella che abbia mai sentito. E puoi andare, a patto che tu mi faccia produrre il disco.” E così fece.»
La versione originale di Dolly raggiunse la posizione numero uno nella classifica Billboard delle canzoni country nel 1974 e fu di nuovo in testa otto anni dopo, nel 1982, quando Dolly la incise nuovamente per il film “Il Più Bel Casino del Texas” che recitò accanto a Burt Reynolds (nella foto a sinistra la copertina del singolo). Parton ricorda poi che era alla guida della sua macchina quando sentì per la prima volta “I Will Always Love You” nella versione cantata da Whitney Houston nel 1994 per “The Bodyguard”. Era stato Kevin Costner, co-produttore del film, a volere fortemente che fosse proprio Whitney a registrare una nuova versione per la pellicola, dopo aver altrettanto fortemente insistito con la casa di distribuzione cinematografica Warner – alquanto riluttante e propensa a scegliere un’attrice non alla sua prima esperienza e preferibilmente non di colore – perché fosse lei ad interpretare la parte della co-protagonista Rachel Marron. Dice Dolly: «Ricordo che cominciava con una intro a cappella … Pensai che mi suonava familiare, ma non mi colpì. E’ una di quelle situazioni in cui tu dici “ma com’è il titolo di questa, non mi ricordo…” e poi, tutto a un tratto, quando Whitney cominciò a cantare “I will always love you” a momenti facevo un incidente con la macchina!»
“I Will Always Love You” nella versione della
Houston (a destra) tornò quasi immediatamente il primo posto delle classifiche – questa volta pop. «Kevin Costner e la sua segretaria sono quelli a cui piacque subito la canzone» continua a ricordare Parton «Volevano inizialmente utilizzare un altro brano al posto di quello e ne avevano già anche registrato una versione ma all’ultimo momento vollero cambiarla e andarono nel panico. Così mi chiesero di “I Will Always Love You”, io acconsentii e poi non seppi più nulla.”
Per la cronaca la canzone avrebbe dovuto essere “What Becomes of The Broken Hearted”, una canzone della fine degli anni ’60 portata al successo dal cantante di colore Jimmy Ruffin per la Motown. Ma quando Costner scoprì che una cover della stessa era stata incisa da Paul Young per il film “Pomodori Verdi Fritti (alla fermata del treno)” pochi mesi prima decise di cambiare.

In una intervista rilasciata nel 2008 a CMT.com Kevin Costner (foto a sinistra) rivelò che non percepì nessun entusiasmo quando insistette a volere che fosse la Houston a cantare la nuova versione del brano di Dolly Parton, men che meno da parte di Clive Davis, capo della Arista Records, e degli altri dirigenti della casa discografica della cantante. «Quando dissi a Whitney che avrebbe cantato “I Will Always Love You” tutti rimasero scioccati. Dissi che quella era una canzone importantissima per il film. Non mi importava se fosse o meno mai passata in radio. Dissi anche che avremmo inserito nel film una versione a cappella all’inizio. Avevo bisogno di una versione a cappella per far capire quanto Frank Farmer piacesse a questa donna, tanto da riuscire a cantargli una canzone senza neanche la musica.»
Dolly Parton ha sempre lodato la versione di Whitney di “I Will Always Love You” e ha più volte espresso la sua gratitudine a Costner per aver deciso di includere la canzone nel film “The Bodyguard”. Pochi giorni fa Dolly ha aggiunto una nota sul suo sito: «Il mio cuore è con Whitney e la sua famiglia mentre piangono la sua scomparsa. Non conoscevo né Whitney né nessun membro della sua famiglia personalmente. Ma ella sarà sempre parte del mio cuore e le sarò sempre grata per la sua incredibile esecuzione e per il suo successo con la nostra canzone “I Will Always Love You”.»
Ricorda Costner: «Dolly privatamente mi disse qualcosa [riguardo alla interpretazione della sua canzone da parte di Whitney, ndr] che non posso ripetere, ma fu molto generosa a riguardo e fu divertente – come solo lei può esserlo – e fu in sostanza un grande “grazie”. Un grande, grosso e grasso “grazie”».

 

 

 

 

Kenny Rogers cita la Capitol Records in giudizio a Nashville

Posted by CountryStateLine on 18th febbraio 2012 in Home (News)

Kenny Rogers va per i 74 ma è ancora sveglio e sa badare ai suoi affari. Quando la scorsa settimana ha scoperto che la Capitol Records ha tenuto all’oscuro lui ed altri artisti sotto contratto con l’etichetta di avere incassato ed essersi tenuta i pagamenti delle royalty derivanti dal download dei loro brani musicali da internet anziché corrisponderglieli non ci ha pensato un attimo e lunedì scorso ha fatto loro causa. Il procedimento, intrapreso presso il tribunale di Nashville dall’avvocato Richard Busch, è l’ultimo in una serie di cause simili intentate (e vinte) da altri artisti, come Eminem e Peter Frampton. L’accusa mossa alle case discografiche in ogni causa è sempre la stessa: esse hanno deliberatamente pagato una somma inferiore rispetto a quella che avrebbero dovuto grazie ad un sotterfugio amministrativo-contabile. Esse hanno cioè considerato le transazioni online legate al download dei brani come una vendita di “musica”, anziché di una licenza. La prima infatti prevede la corresponsione all’artista di una percentuale di guadagno inferiore in confronto al 50% di solito previsto per la vendita di una licenza. La causa mossa da Rogers alla Capitol non cita uno specifico ammontare di royalty digitali che sarebbero state trattenute illegalmente dalla casa discografica anche se egli li accusa di essersi tenuti in cassa per i 30 anni in cui ha inciso per loro non meno di 400mila dollari in seguito a “errori” contabili. Per anni la Capitol ha tra l’altro mantenuto il controllo sui guadagni derivanti dalle incisioni dei più grandi successi di Rogers registrati tra gli anni ’70 e gli anni ’80 sulle etichette United Artists e Liberty. In buona fede o no, sarà a questo punto il tribunale a deciderlo.

 

 

Un po’ di country dal vivo in giro per l’Europa. Terri Clark a Voghera. Martina McBride a Gstaad.

Posted by CountryStateLine on 17th febbraio 2012 in Home (News)

Schützenhaus Albisgütli di Zurigo, International Trucker & Country Festival di Interlaken, Craponne Rendez-Vous Country Festival, Country Night di Gstaad, Voghera Country Festival. Sono tanti ormai i festival di musica country di una certa rilevanza nell’Europa continentale che annualmente assicurano line-up interessanti. Quelli che ho citato sono appuntamenti ormai consolidati: i primi tre in terra elvetica, il quarto in terra francese ed il quinto addirittura in Italia, presso il Cowboys Guest Ranch. I fan di questo nostro amato genere musicale attendono sempre con una certa impazienza l’arrivo di ogni edizione nella speranza che qualche loro beniamino vi faccia tappa nel corso del suo tour europeo. O in esclusiva. Dato che anche il Country Night festival ha finalmente ufficializzato ieri la formazione che calerà a Gstaad per la 24esima edizione il prossimo settembre, vediamo di fare un riassunto.
Lo Schützenhaus Albisgütli di Zurigo, in Svizzera, giunto alla sua 28esima edizione, in svolgimento fino al prossimo 18 marzo, ha già visto esibirsi i Two Tons of Steel mentre sono in arrivo Mandy Barnett e la sua band (oggi e domani), il trio country-rock degli Scarletta (22 e 23 febbraio), Michael Cleveland & Flamekeepers (1 e 2 marzo) per finire coi LoCash Cowboys (il 7 e 8 marzo). Come già ho avuto modo di dire presentandolo negli anni scorsi, questo è l’unico festival in Europa che dura più di un mese ed assieme agli artisti americani ogni anno in cartellone ci sono artisti provenienti da diversi paesi europei: Francia, Austria, Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca e la stessa Svizzera. Tutti gli spettacoli, che si susseguono dalle 1930 alla mezzanotte circa (a parte quelli domenicali che cominciano di mattina) hanno luogo in una hall in grado di contenere fino a circa 800 persone e ovviamente di contorno ai concerti c’è la classica organizzazione svizzera fatta di bancarelle, eventi collaterali e grandi quantità di birra e cibo. Alcuni concerti sono ad ingresso gratuito mentre per altri il prezzo dipende dalla popolarità dell’artista. Per il programma completo, informazioni e prenotazioni questi sono i riferimenti: http://www.albisguetli.ch/index.php?page=167, email info@albisguetli.ch, tel, +41433333000 dalle 9 alle 19, fax +41433333001.
La 19esima edizione dell’International Trucker & Country Festival, che si svolgerà dal 29 giugno al 1° luglio, vedrà confluire a Interlaken, in Svizzera, Tanya Tucker e Terri Clark che si esibiranno nella serata di venerdì 29 giugno; mentre la sera successiva sarà la volta dei Bellamy Brothers, ormai popolarissimi in terra elvetica, e di Burns & Poe (duo composto da Keith Burns, già parte del fu trio Trick Pony, e da Michelle Poe). Anche qui gli ingressi per questi show, che si svolgono in un apposito tendone, sono a pagamento ma all’interno del vasto villaggio western che compone l’area del festival (per entrare nel quale pure si paga un ingresso minimo), tra stand gastronomici e musicali, si esibiscono tanti artisti minori che si possono ascoltare senza sovrapprezzo. Per tutte le info: http://www.trucker-festival.ch/  .
Terri Clark attraverserà poi le Alpi per arrivare ad esibirsi alla 5^ edizione del Voghera Country festival, che come ogni anno si svolge al Cowboys’ Guest Ranch e che quest’anno si terrà dal 29 giugno al 1° luglio. Terri si esibirà nel Palatexas del ranch la sera di sabato 30 giugno e dopo il patinato show di Lorrie Morgan del 2011 credo che questa sia decisamente un’edizione più consona allo spirito del festival, del quale è parte importante il ballo con le varie gare che si svolgono durante la tre giorni della manifestazione. Clark è senz’altro un’artista che scalderà molto meglio le centinaia di fan attesi a Voghera. Le prevendite sono già aperte e tutte le informazioni possono essere ottenute sul sito del festival http://www.vogheracountryfestival.com/index.html .
Dal 27 al 29 luglio invece sarà la volta del festival francese Rendez-Vous a Craponne Sur Arzonne, famoso per svolgersi all’aperto in un anfiteatro naturale a circa 1000 metri di altitudine e per attrarre nel corso dei tre giorni di spettacoli più di 30mila spettatori. Assieme ad altri numerosi artisti provenienti da tutta Europa, quest’anno è in arrivo una decina di artisti americani.  Il 27 luglio, dopo essere apparsi allo Schützenhaus Albisgütli di Zurigo, si esibiranno i Tons of Steel. A seguire i Turnpike Troubadours e The Steeldrivers. Sabato 28 luglio sarà la volta dei Modern Earl, di Amber Digby & Midnight Flyers, di Kelly Willis con Bruce Robison e di Whiskey Myers. Domenica 29 luglio chiuderanno John Slaughter, Ronnie Bowman, Bayou Roux Justin Haigh. Tutte le info su www.festivaldecraponne.com .
Infine, la 23esima edizione del Country Night festival di Gstaad (Svizzera), dal 21 al 23 settembre, quest’anno farà il botto avendo sul palco la veterana Martina McBride (in esclusiva per quest’anno in Europa) e il nuovo arrivato Craig Campbell. Dato che i due sono gli unici artisti americani chiamati ad esibirsi (gli altri due sono la svizzera Tinkabelle e il gruppo inglese dei Los Pacaminos) il contratto per Martina e Craig deve essere costato niente male. Credo però che siano stati i soldi meglio spesi da diverse edizioni a questa parte: si tratterà davvero di due show dal vivo tra i più belli che si possano vedere a Nashville e avere la possibilità di assistervi in Svizzera è un’occasione imperdibile. Non dimentichiamo che in questi giorni Martina McBride sta girando in tour nientemeno che con George Strait mentre il calendario dei concerti dal vivo di Craig Campbell è decisamente più impegnato in media di quello di qualsiasi altro “nuovo arrivato” a Nashville. Info su www.countrynight-gstaad.ch .
C’è anche un altro festival prossimo a cominciare, il 15esimo International Festival of Country Music di Zurigo, che vedrà una strepitosa lineup guidata da Reba McEntire con i Lonestar, Asleep at the Wheel e Ricky Skaggs. Ma di questo festival ho gà parlato in un precedente articolo su CountryStateLine. Se volete rivederlo cliccate qui.
Come sempre, keep it country!
M.A.

 

In attesa degli altri duetti di Lionel Richie in “Tuskegee” arriva “Endless Love” con Shania Twain

Posted by CountryStateLine on 15th febbraio 2012 in Home (News)

Ricordo che le stupende note di “Endless Love”, datata 1981, con le bellissime voci di Lionel Richie e Diana Ross, arrivarono alle mie orecchie dopo il successo planetario del 1983 di “All Night Long”. Era la metà degli anni ’80, avrò avuto 16 o 17 anni e la canzone mi era stata registrata da un’amica di penna canadese che me la inviò su di un nastro insieme ad altre canzoni. Ne rimasi folgorato. Grazie a questo brano e a “Truly” Lionel Richie diventò da allora uno dei miei cantanti preferiti e ogni volta che me lo potevo permettere andavo a caccia di qualche suo nuovo vinile che potesse continuare a soddisfare la mia sete di buona musica. Quando alla fine dello scorso anno si è saputo del progetto del cantante americano di tornare alle sue origini con un disco-remake di suoi successi in chiave country in coppia con artisti del calibro di Jimmy Buffett, Blake Shelton, Jason Aldean, Billy Currington, Willie Nelson e Kenny Rogers il discorso si è fatto molto interessante perché tra i successi era ricompresa appunto la grande “Endless Love” e a cantare con lui sarebbe stata nientemeno che Shania Twain. Ora il progetto si è concretizzato, il disco sta per uscire (il 27 marzo) e il primo singolo è proprio “Endless Love”, anche se almeno per il momento è scaricabile solo su iTunes. Nonostante avessi qualche dubbio riguardo al rifacimento di un tale gioiello, dopo aver ascoltato la nuova versione mi sento di dire che ne è valsa la pena. Il remake avrebbe potuto andare male per mille motivi, a cominciare dal fatto che Shania è stata lontano dalle scene per anni e che la sua voce non era più quella di una volta. Non solo invece la voce della bella artista canadese ha centrato il bersaglio, ma Richie è stato anche molto bravo a non piegare l’arrangiamento ad inutile beneficio di un country a presa rapida per le masse popolari, cercando invece di esaltare le due vocalità in quell’alchimia che rende questa nuova versione di “Endless Love” – lungi dal voler rivalere con quella cantata con Ross – degna di essere annoverata tra i suoi successi. La melodia, lo sappiamo, è dolce; il pianoforte è stato sostituito qui dalle chitarre acustiche e da quelle elettriche che la guidano mentre le due voci si amalgamano quasi alla perfezione. E’ facile riscoprire la spirito country che alberga in Lionel Richie, nativo dell’Alabama, anche in questo pezzo intramontabile della musica di tutti i tempi (uno dei migliori duetti di sempre, secondo Billboard). Spero che questo singolo – e a seguire il disco – abbiano il successo che meritano, perché la country music può trovare solo giovamento da iniezioni di buona musica come questa. Oltre a nuove generazioni di appassionati che nel 1980 erano ancora troppo piccoli per apprezzare e ricordare. E spero anche che per Shania sia davvero la rinascita. Altrimenti l’avremo persa troppo presto. Ascoltatevi la nuova versione qui e se volete ditemi cosa ne pensate.
M.A.